La salute prima di tutto

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La Presidenza Nazionale del Centro Sportivo Italiano, in un momento davvero insolito e straordinario, è stata costretta, suo malgrado, a prendere decisioni eccezionali.

In ottemperanza al DPCM del 4 Marzo 2020, per mitigare il rischio di contagio da coronavirus, tutte le attività ufficiali sono state sospese almeno fino al 15 Marzo riservandosi di prolungare lo stop in coerenza con le eventuali disposizioni del Governo.

Il Coni oggi ha auspicato un decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri che fermi tutto lo sport italiano fino al 3 Aprile.

“Lo facciamo a malincuore- dice con una nota il Presidente del CSI Vittorio Bosio- ma per il bene dei tanti atleti che fanno parte della nostra grande famiglia. Lo facciamo per la nostra vocazione che vede la persona al primo posto, anche prima dello sport stesso, soprattutto la più fragile ed indifesa. E’ questo un tempo di passaggio- prosegue Bosio- non definitivo che ci chiama ad essere protagonisti di speranza nella società civile”.

La Direzione Nazionale del CSI ritiene non perseguibili ad oggi per le società dilettantistiche i vincoli per disputare gare o allenamenti a “porte chiuse”, solo in presenza di personale medico per controlli sanitari.

“Lo sport per quanto sia importante- sottolinea Vittorio Bosio- non lo è più della salute dei nostri atleti, dirigenti ed arbitri”.

Da qui la volontà ciessina di sospendere temporaneamente ogni attività non solo sportiva ma anche formativa e convegnistica in tutto il Paese.

La nota della Presidenza Nazionale del CSI si conclude con l’auspicio che tutti gli sportivi si uniscano per vincere questa sfida con spirito di squadra ed impegno per farci trovare pronti alla ripresa di tutte le attività, appena possibile, con maggiore entusiasmo.

Il coordinamento di tutti gli Enti di Promozione Sportiva riconosciuti dal CONI, che rappresenta circa otto milioni di praticanti in tutta Italia, e di cui il CSI è quello con più affiliati, si appella a tutti affinchè siano scrupolosi nell’osservanza delle misure di sicurezza.

La decisione della Direzione Nazionale del Centro Sportivo Italiano “a cascata” coinvolge tutti i Comitati: anche in Liguria, a Genova, ogni attività sarà sospesa almeno fino a metà mese.

Questo stop, soprattutto se fosse destinato a prolungarsi, porterebbe molti problemi.

Il primo riguarda i ragazzi: privati della scuola, dei molti abituali rapporti con i loro coetanei, con le figure degli insegnanti, non possono neppure giocare.

Non si cambiano negli spogliatoi, magari scherzando, ridendo, prendendosi in giro. Non possono fare le partitelle, indossate le consuete pettorine, oppure tirare a canestro, fare lunghe ed estenuanti vasche in piscina o” ripetute” su un campo di atletica.

Conoscono così una realtà ignota, quasi angosciante, dalle implicazioni psicologiche difficilmente prevedibili se l’emergenza proseguisse per molto tempo.

Ma i problemi sarebbero anche di tipo economico.

Nei giorni scorsi le pagine dei giornali e, in generale, il mondo dei media, hanno dato grande risalto a come il professionismo sportivo dovrà fare i conti con il Covid-19. Quanti dibattiti su Juventus- Inter, sul destino della Serie A, sugli Europei di calcio, ma anche sulle Olimpiadi.

E’ un’emergenza però, sarebbe bene tenerlo tutti a mente, che non riguarda solo le star ma milioni di persone che praticano l’attività di base che rischia letteralmente di essere messa in ginocchio.

“A Genova- dice il Consigliere Comunale Delegato allo Sport Stefano Anzalone- ci sono più di 1000 società dilettantistiche che danno lavoro, direttamente o indirettamente, a 5000 persone circa. Sono realtà che svolgono spesso anche un importante ruolo sociale e di presidio del territorio e meritano di essere ascoltate con atti concreti ed immediati. Ho chiesto al sindaco Bucci e al presidente della Regione Liguria Toti di portare a Roma il loro grido d’allarme”

A Genova le società o i circoli affiliati al Centro Sportivo Italiano sono 150: le fanno vivere, con grandi sacrifici, persone appassionate che credono in quello che fanno e che, anche e soprattutto in questa fase emergenziale, non possono essere lasciate sole.

 


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