Sport per tutti o per pochi?

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Nei giorni scorsi il Consiglio dei Ministri ha approvato cinque decreti di riforma dello sport; riguardano le tutele per i lavoratori, il professionismo femminile, l’accesso degli atleti paralimpici nei gruppi sportivi militari ed in quelli civili dello Stato, l’abolizione del vincolo sportivo, la parità ed il contrasto alla violenza di genere, la costruzione e l’ammodernamento degli impianti, significative novità di carattere fiscale.

Manca il primo decreto, quello che forse rappresentava l’architrave dell’intera testo: la governance del sistema, ovvero capire la divisione delle competenze fra CONI, Dipartimento del Ministero, società Sport e Salute, Federazioni ed Enti di promozione sportiva.

Ora ci sono tre mesi di tempo, dopo il passaggio in conferenza Stato- Regioni e nelle commissioni parlamentari, per tentare di arrivare ad un compromesso non riuscito negli ultimi mesi su questo punto e dare il via libera ad un testo che continua a far discutere molto, nel suo complesso, gli addetti ai lavori.

“ La più grande e profonda riforma in questo momento purtroppo la sta compiendo la pandemia che ai danni economici e sanitari aggiunge quelli sociali- dice Vittorio Bosio Presidente nazionale CSI-. Oggi non possiamo sapere come ne uscirà il nostro mondo sportivo ed aggregativo che sta passando il periodo più buio della sua storia moderna. Bisogna avere estrema cautela, una grande perizia e conoscenza della materia perché altrimenti si rischia, una volta riaccesa la luce, di dare nuova forma ad una cosa che non sarà più quella di partenza”.

Ad esempio per quello che riguarda il legittimo ed auspicato riconoscimento dello status di lavoratori per decine di migliaia di collaboratori sportivi il governo dovrà mettere in campo cospicue risorse per evitare che il costo ricada sull’associazionismo di base che, in caso contrario, rischierebbe il collasso.

Il Ministro Vincenzo Spadafora dice di “non fare terrorismo psicologico” assicurando 100 milioni di euro, nei prossimi  due anni, per l’esonero contributivo con la speranza di trovare altre risorse almeno fino al 2023.

Parole che sono accolte con un po’ di scetticismo da parte del mondo delle Asd e del Terzo settore: comunque, per chi deve programmare ed investire, il 2023 è….. abbastanza vicino.

La riforma, per non metter pressione ad un sistema in grande difficoltà, entrerà  in vigore dal 1 settembre 2021.

Sulla carta, utilizzando i social, durante decine di convegni si esalta il valore dello sport nei contesti sanitari, economici e sociali poi, quando bisogna fare sintesi concreta con norme di legge, si dimentica di tutto questo e vengono messe a rischio le fondamenta dell’attività di base.

Bisogna capire se nel futuro dell’Italia c’è lo sport per tutti o solo per pochi.

“Esiste il momento delle riforme ed esiste il momento dell’attesa- conclude Vittorio Bosio- questa terribile pandemia porta con sé un buio così profondo che dovrebbe consigliare alla politica di viverlo come un periodo di vera riflessione piuttosto che di pericolosa azione”.


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