Quale società sogniamo?

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Venerdì 22 novembre presso l’Istituto Immacolatine in Piazza Paolo da Novi a Genova la Consulta diocesana dei laici si è riunita per l’assemblea aperta a tutti i membri delle aggregazioni laicali e dei movimenti: c’era anche un delegato del Centro sportivo Italiano.
“ Quale società sogniamo?” l’ argomento della serata che ha preso spunto dalle parole pronunciate dall’arcivescovo Mons. Marco Tasca in occasione della solennità di S. Giovanni 2024.

Una omelia nella quale venivano citati i temi del lavoro, della salute e della democrazia riferendoli all’attualità ed alle questioni legate a Genova ed al suo sviluppo.

In video conferenza ha fatto un’interessante e densa relazione l’economista Stefano Zamagni, docente universitario, ex presidente dell’Agenzia per il Terzo Settore, dal 201

9 al 2023 presidente della Pontificia accademia per le scienze sociali, molto apprezzato da Papa Francesco.

“ I salari, in Italia fra i più bassi d’ Europa, sono legati in un sistema capitalistico non ai bisogni reali delle persone ma alla produttività che dipende dall’innovazione. Un settore cruciale nel quale tante aziende purtroppo non investono perchè sostanzialmente, pagando poco i lavoratori ,agli imprenditori i conti comunque tornano- dice il Prof. Stefano Zamagni-Fino a 20-25 anni fa il mondo del lavoro poteva essere rappresentato come una piramide con un’ampia base, lavori di routine. Mano a mano che si saliva, investendo sul capitale umano, studiando, si progrediva. Le impree assumevano pochi super specializzati. Oggi invece può essere rappresentato come una clessidra. La base è sostanzialmente la stessa ma poi arriva una “ strozzatura”, se si supera si arriva non ad una punta di una piramide ma ad un’ altra base con persone super qualificate. E di fatto sparito il cosiddetto lavoro intermedio e questo rappresenta un dramma per molti laureati. Tutto questo è avvenuto con l’ introduzione delle nuove tecnologie, non ci sono più ad esempio figure come l’impiegato di concetto ed il ragioniere, e ne spariranno molte altre con l’intelligenza artificiale”.

Non ci si deve “ arrendere “ a tutto questo, soprattutto se ci si professa cristiani e si segue la dottrina sociale della Chiesa, con la consapevolezza che siamo in una fase di cambiamento epocale.

Secondo il Prof. Zamagni l’organizzazione del lavoro in troppe aziende è ancora di tipo tayloristico, la teoria della catena di montaggio del 1911 secondo la quale il dipendente non deve pensare e, come un bovino, deve solo eseguire ordini. In questo modo viene uccisa la dignità della donna e dell’uomo Oggi questo modello non ha più senso neppure dal punto di vista tecno- economico. Le imprese devono far sentire le persone importanti.

“ Bisogna completamente disarticolare il sistema scolastico ed universitario non con periodiche riforme che non servono a nulla- sottolinea il prof. Stefano Zamagni- Occorre tornare al principio aristotelico della conazione, conoscenza più azione. Ora sono modelli separati. E necessario stimolare su base locale, in base al principi di sussidiarietà, alleanze fra imprese, enti pubblici ed associazioni del Terzo Settore, un patto per avviare pratiche di vita che traducano i principi in cambiamenti concreti”.

L’arcivescovo Mons. Marco Tasca ha seguito con grande attenzione la relazione del Prof. Stefano Zamagni che in sostanza ha sviluppato le sue parole espresse il 24 giugno scorso.

“ E necessario mantenere costante l’ attenzione verso i più deboli ,un punto di partenza per lavorare insieme come Chiesa, organizzazioni pubbliche e private, per essere congiuntamente rivolti alla costruzione di un modello di sviluppo nuovo e solidale. Rinnoviamo il nostro impegno per porci insieme a servizio di questa speranza. Possiamo ancora annunciare al mondo- aveva detto Mons. Marco Tasca in occasione della Solennità di S. Giovanni, patrono di Genova-che ogni gesto di solidarietà e collaborazione rappresenta la più efficace contestazione di visioni individualistiche e pessimiste del futuro”.

Sono sfide alle quali anche nel suo ambito di associazione del Terzo Settore, ma anche e soprattutto di comunità educante attraverso lo sport, il CSI non può rinunciare.


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