Olimpiadi e sport di base

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Dodici medaglie d’oro, tredici  di argento e quindici  di bronzo per un totale di 40 rappresentano il lusinghiero bilancio dell’Italia alle Olimpiadi di Parigi 2024.

Un risultato che ci conferma nella top ten mondiale, ed al terzo posto in Europa, dietro Gran Bretagna e Francia: abbiamo anche il primato delle cosiddette “ medaglie di legno” con 25 quarti posto.

Il medagliere fotografa ,abbastanza realisticamente, la situazione dello sport di un Paese e, da questo punto di vista, nonostante enormi problemi strutturali, in primis la carenza di impianti e di risorse, sarebbe  una situazione confortante.

I dati però bisogna leggerli con attenzione, anche ” in contro luce”: quasi  tutti gli atleti saliti sul podio, ed il 70 per cento degli azzurri presenti a Parigi , fanno parte degli otto gruppi militari, Forze Armate o Corpi dello Stato.

Una caratteristica tipica italiana che non ha oggi quasi nessun riscontro in ambito internazionale.

Storicamente per vedere qualcosa di analogo bisogna risalire all’epoca di atlete ed atleti dei Paesi dell’Est, prima della caduta del Muro di Berlino.

I vantaggi per gli azzurri “ militari” sono reciproci: c’è la possibilità di allenarsi nei migliori centri, senza preoccupazioni economiche, i Corpi dello Stato guadagnano in prestigio per i risultati ottenuti.

Il rovescio della medaglia, non decisamente allegro, è che in Italia per fare sport di altissimo livello questa è sostanzialmente l’unica possibilità.

Le società non sono infatti in grado, dal punto di vista finanziario, di gestire i propri “ campioni”, non ricevono risorse sufficienti, certe e programmate nel tempo, come avviene in quasi tutto il resto del mondo.

La vera spina dorsale sportiva di un Paese però non è il  vertice, l’eccellenza,.ma l’attività di base e giovanile sul territorio, gestita, fra mille e crescenti difficoltà, da tante piccole ASD.

Da qualche mese lo sport è entrato in Costituzione che, nell’articolo 33, ne riconosce “ il valore educativo, sociale e di promozione del benessere psico fisico”.

Un bellissimo assunto teorico che occorre riempire urgentemente di contenuti, a cominciare dal mondo della scuola dove abbiamo in Italia ritardi imbarazzanti nei confronti di molti Paesi: anche per Unesco lo sport è un diritto fondamentale ma per le famiglie costa troppo, sommando quote da pagare, kit da acquistare, benzina e tempo per accompagnare i figli ad allenamenti e trasferte.

La riforma della sport, con alcuni meccanismi ancora da perfezionare, ha già appesantito le associazioni dilettantistiche di costi aggiuntivi che hanno costretto e costringeranno molti a “ gettare la spugna”.

La prestigiosa e luccicante vetrina dei Giochi Olimpici di Parigi nasconde molte situazioni da attenzionare: la generazione Z, ad esempio, scappa da campi di allenamento, piscine, palestre, spogliatoi.

Il cosiddetto “drop out sportivo”, abbandono precoce, riguarda il 35% dei ragazzi dai 14 ai 18 anni, secondo una ricerca del 2023:un fenomeno più accentuato fra le femmine con un tasso del 10% in più rispetto ai maschi.

L’emorragia di praticanti giovani causa vari problemi: carenza di sviluppo psico motorio, difficoltà ad interagire con gli altri, ad esempio “ mollando” gli sport di squadra.

Il drop out è un fenomeno trasversale ad ogni disciplina: nel calcio, il più popolare, il calo è stato del 31 %.

Sono numeri che mettono a rischio per il futuro una socialità vera, non solo digitale, la capacità di gestire le sconfitte e non solo le vittorie, la capacità di stare in un gruppo, la responsabilità a rispettare gli  impegni con se stessi e quelli presi con gli altri.

Il rischio è che sedentarietà e disimpegno prendano sempre più campo, che si abbandoni una disciplina sportiva alle prime difficoltà.

Gli allenatori ed i tecnici più preparati lamentano, inascoltati, sempre più problemi non solo di motivazioni ma anche di coordinazione , soprattutto nei bambini più piccoli: secondo la Società Italiana di Pediatria il 40% dei bambini non va oltre le due ore settimanali di educazione motoria nella scuola.

E’ davvero troppo poco per nuove generazioni che non solo non praticano sport ma anche lo vedono sempre meno dal vivo preferendo gli highlights che riassumono un evento in pochi secondi.

Sono dati, cifre e considerazioni che nonostante tutto, per chi “resta in campo” tenacemente  come il CSI,  devono  rappresentare lo stimolo per  sfide che siano nel solco della tradizionale offerta educativa ma al passo con i tempi, aguzzando l’ingegno per inventare proposte nuove ed accattivanti


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